giovedì 12 ottobre 2017

"Cambiare la legge alla vigilia del voto può minare le elezioni". Il Rosatellum viola una sentenza della Corte europea dei diritti umani

"Cambiare la legge alla vigilia del voto può minare le elezioni". Il Rosatellum viola una sentenza della Corte europea dei diritti umani


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Il Rosatellum espone l'Italia al rischio di una censura da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Come è risaputo, in politica il metodo è sostanza. Per questa ragione nel 2005 i giudici di Strasburgo hanno richiamato il legislatore della Bulgaria per aver modificato la legge elettorale alla vigilia del voto con l'intento di penalizzare il partito ambientalista Ekoglasnost. Secondo il principale partito d'opposizione, il Movimento 5 Stelle, e i partiti minori di sinistra come Articolo 1 e Sinistra Italiana, è quello che sta facendo l'attuale maggioranza in Italia: una legge elettorale last minute architettata per "penalizzare la sinistra e i Cinque Stelle", e che non a caso è stata ribattezzata "imbrogliellum".

Il Governo Gentiloni ha accolto la richiesta della maggioranza di porre la questione di fiducia sulla legge per evitare le trappole del voto segreto e modificare le "regole del gioco" a meno di cinque mesi dalle urne. Un'usanza che in Italia è diventata prassi: tanto il Mattarellum (1993) quanto il Porcellum (2005) sono stati approvati dal Parlamento a meno di un anno dalle elezioni. Cattive abitudini che è bene non perdere.

I giudici che a novembre dovrebbero riunirsi per vagliare il ricorso di Silvio Berlusconi, decaduto da parlamentare per effetto della Legge Severino, accolsero nel 2005 quello presentato dal partito bulgaro Ekoglasnost. A poche settimane dal termine per la presentazione delle liste, vennero introdotto tre modifiche: l'obbligo di un certificato della Corte dei Conti relativo ai bilanci del partito; cinquemila firme a sostegno della candidatura; un deposito di circa diecimila euro. Con la sentenza n˚30386/05, Strasburgo ha dato ragione al partito ambientalista.

La sentenza della Cedu trova le sue ragioni nel Codice di Buona Condotta in materia elettorale redatto dalla Commissione di Venezia e che il Consiglio d'Europa (di cui l'Italia fa parte ma che, è bene ricordare, non ha nulla a che fare con le istituzioni Ue) ha fatto suo con il parere 190/2002. Nel paragrafo relativo ai livelli normativi e alla stabilità del diritto elettorale si legge:

Gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare del sistema elettorale propriamente detto, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni non devono poter essere modificati nell'anno che precede l'elezione, o dovrebbero essere legittimati a livello costituzionale o a ad un livello superiore a quello della legge ordinaria.


Le disposizioni adottate dall'organo consultivo su temi giuridici del Consiglio d'Europa e composta da esperti di diritto costituzionale di diversi paesi vanno di fatto a integrare l'articolo 3 del Protocollo n˚ 1 (diritto a libere elezioni) della Convenzione sui diritti dell'uomo. Nella sentenza sul caso Ekoglasnost, la Corte Edu scrive che tale richiamo "non impone soltanto l'obbligo per gli Stati di tenere le elezioni per il legislatore, ma implica diritti soggettivi, compreso il diritto di voto attivo e passivo". Infatti pur riconoscendo la legittimità, nel merito, delle modifiche introdotte nel sistema elettorale bulgaro, la Corte rileva che:

Se uno Stato modifica troppo spesso le regole elettorali fondamentali o se le modifica alla vigilia di un voto, si corre il rischio di compromettere il rispetto e la fiducia nella garanzie di una libera elezione
Corte Europa dei Diritti dell'Uomo, n˚ 30386/05

È quello che denunciò allora Ekoglasnost perché le tre modifiche introdotte nel sistema elettorale bulgaro erano chiaramente dirette a colpire il partito ambientalista non tanto per la loro legittimità quanto per la tempistica con cui erano state approvate, lasciandogli pochissimi giorni di tempo per mettersi in regola con le nuove disposizioni, per quanto condivisibili a detta dei giudici.


La Corte di Strasburgo richiamò quindi il lavoro della Commissione di Venezia nella parte in cui viene sottolineato che il "cambiamento delle regole fondamentali del sistema elettorale meno di un anno prima delle elezioni potrebbe essere percepito, anche in assenza della volontà di manipolazione, come legato a interessi di parte". È quanto denunciano da giorni il Movimento 5 Stelle e Articolo 1 perché, a loro dire, la nuova riforma elettorale andrebbe a penalizzare i partiti non coalizzati e favorirebbe la nascita di tantissime liste civetta in appoggio alle grandi coalizioni.

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